Dramma in atto unico

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    Sono ubriaco a merda e questa è un’opera di fantasia benché nata da una seria riflessione tra amici e due baldracche. Fatti, personaggi e luoghi sono fittizi, in pieno stile teatro dell'assurdo alla Beckett, alla Ionesco, alla Pinter. Se qualcuno dovesse riconoscere, nei modi, o nei nomi, qualcosa di familiare, è solo per via di una verosimiglianza senza scrupoli, quale ultima maschera per nascondere la verità: cosa che l’arte, da sempre, si prefigge. Se questo avviso non disfa i vostri dubbi, e continuate a pensare che sia una storia vera, avete più fantasia dell’autore.


    Esterno, crepuscolo. Alba o tramonto, solo Iddio lo sa. Un Cactus. Una palla d’erba che rotola. Un incrocio di strade sterrate che si perdono nell’infinito. Per sfondo un deserto ocra a e ricorsivo rotto solo da un enorme masso a forma di pipa. Entrano i due personaggi, uno da sinistra vestito di bianco, l’altro da destra vestito di nero. Sono senza volto. Parla per primo quello che entra da sinistra.

    Sig: Ciao Fried.
    Fried: Ciao Sig.
    Sig: Vado a puttane, Fried.
    Fried: Tutta l’Italia va a puttane Sig.
    Sig: Intendo non metaforicamente, Fried.
    Fried: Ah, ehm… sì, anche io. Ma non ti giudico.
    Sig: Mi vergogno Fried.
    Fried: Basta non portarle un mazzo di rose.
    Sig: Mi faccio schifo, Fried. Una donna va conquistata, non comprata. Mi sento un fallito come uomo.
    Fried: Perché tu hai il cervello attaccato direttamente al buco del culo e spari solo stronzate.
    Sig: Non essere volgare, Fried, c’è gente che non apprezza.
    Fried: Per anni e eoni, io la miglior parte della mia giovinezza spendea d’in su i bastioni della mia pazienza per illustrarti le fallacie logiche dei tuoi sillogismi, le antinomie della tua morale imperfetta e inquinata di perbenismo e tu da me tornasti, acerbo e sconsolato, a doler di mia sventura per tormentarmi con un problema di cotanta minutaglia senza importanza? Perìa la speranza che nei recessi più ombrosi e tetri e battuti dal verno del tuo brullo cervello, oh Sig, la scintilla della logica scoppiasse.
    Sig: Te lo chiedo come favore personale, Fried, potresti tornare ad essere volgare?
    Fried: Sbagli il punto di vista, Sig. Il punto. Di vista.
    Sig: Perché, Fried, non è amorale e un po’ squallido comprare il corpo di una bellissima ragazza che mai me la darebbe con pochi euro?
    Fried: Pochi il cazzo.
    Sig: Relativamente pochi.
    Fried: Il relativismo è il male del mondo. Dopo il politically correct e l’altruismo.
    Sig: Torniamo alle puttane, Fried, non alle puttanate.
    Fried: Che è meglio.
    Sig: Voglio una donna che stia con me per me, non per i soldi.
    Fried: Sig, Sig, Sig. Pensi davvero che i rapporti, di qualsiasi genere, non siano retti su un contratto basato sul dare e avare? La bellezza è merce di scambio. Il prestigio sociale è merce di scambio. Il potere politico ed economico sono merce di scambio. Persino lo sballo, lo è. E tu? Ti fai degli scrupoli?
    Sig: Ma nei tuoi esempi, la mercificazione è indiretta.
    Fried: Nascondi la tua nudità dietro una foglia di fico, caro Sig. Gratta gratta, le cose sono uguali, ed è ciò che conta, che tu voglia ammetterlo a te stesso o meno. E poi.
    Sig: … e poi?
    Fried: E poi vedila da un altro castello prospettico…
    Sig: … sii volgare Fried, per favore.
    Fried: Da un altro cazzo di modo di vedere. Tu con quei soldi non paghi il corpo di una giovane bella donna che soddisfa i tuoi capricci e le tue porcate, tu compri…
    Sig: … cosa?
    Fried: Il tempo Sig. Il tempo.
    Sig: Che tempo?
    Fried: Il tempo dopo il coito, Sig. Il tempo dopo l’orgasmo. Compri il diritto di alzarti dal letto senza abbracciarla per fumarti una sigaretta, o pisciare, o camminare con il culo nudo come Leonida in 300. Compri il diritto di non essere chiamato mille volte al giorno per dire cosa fai e cosa pensi. Compri il diritto di non dover cercare ogni giorno un modo per farla sentire importante. Compri il diritto di guardare un’altra donna senza sentirti in debito o in colpa. Compri il diritto di non dover costruire una vita di bugie edificata dentro una gabbia di compromessi solo perché sei schiavo della fessura dei prati di Afrodite!
    Sig: Uhm…
    Fried: … non paghi lei, Sig. Non paghi lei. Paghi il tempo. Perciò prendi i tuoi soldi, scegliti la meglio puttana e sii felice. Sii felice Sig, che non fai niente non fatto da altri.

    Momento drammatico di silenzio. Musica strumentale di archi e violino e pianoforte. Sig piange commosso e conta i soldi per la puttana. 3000 euro
    .

    Sig: Ora vado, Fried. E grazie.
    Fried: Di niente.
    Sig: Sei quasi un amico, Fried, ti manca solo una…
    Fried: … enne, lo so, ma non fa ridere questa battuta.

    Cala il sipario.

    Finale alternativo.

    Cala il sipario ma si rialza. Interno notte. Squallida stanza d’albergo. Solo il letto è illuminato e la porta alla sinistra. Da cui, Sig, esce. Sul letto una giovane donna di notevole bellezza, nuda e col viso bagnato, conta i soldi, li divide in due metà uguali e tende una mano versola parte ombrosa. Da cui esce Fried, che prende la sua parte, conta i soldi e punta l’indice.

    Puttana
    : Stronzo. [Dice dando i soldi che mancano.]
    Fried: Sono quasi un amico. Quasi.
     
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