Lingue e letteratura

In che lingua preferite leggere?

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  1. ennedineve
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    Ogni lingua ha le sue caratteristiche, la sua grammatica e sintassi, per non parlare dei vocaboli caratteristici e talvolta intraducibili che la rendono particolare e diversa da ogni altra.
    Talvolta queste caratteristiche rimangono riconoscibili anche nelle traduzioni in italiano, ad esempio nella costruzione delle frasi, nei periodi più o meno lunghi, eccetera.
    Trovo ad esempio che l'inglese sia una lingua perfetta per la letteratura accademica, mentre non riesco proprio ad apprezzarla nella narrativa. La trovo una lingua poco poetica e troppo votata alla semplificazione.
    L'italiano, lo spagnolo e, per quel poco che posso giudicare, il portoghese, invece, sono lingue più adatte alla narrativa in quanto, a mio parere, innamorate di se stesse. Trovo che gli scrittori e scrittrici "latini" abbiano un gusto per la ricercatezza nella costruzione delle frasi che io apprezzo molto, e trattandosi di lingue tutto sommato più flessibili trovo che lascino maggior libertà di gioco nell'uso delle parole.
    L'altro lato della medaglia è che questo stesso gusto per la ricercatezza spesso rende inutilmente complicati i testi accademici, ampollosi e farciti di retorica talvolta motivata solo dal voler suonare istruiti.
    Per dire, partendo dal presupposto che Heidegger è il male, mi è capitato di leggere alcuni suoi scritti sia in italiano che in inglese (e, in piccolissima parte, in tedesco), e se in italiano è inaffrontabile, in inglese è molto più semplice, sebbene credo che molte sfumature originali si perdano maggiormente nella traduzione in inglese che in quella in italiano (piccola curiosità: nel capitolo "La Merce" - in inglese "The Commodity" - de Il Capitale di Marx, in inglese scompare un'intera frase, che tra l'altro secondo me è assolutamente rilevante, che invece compare nelle traduzioni in italiano e spagnolo).
    Quanto al tedesco, ogni volta che provo a leggere qualcosa passo talmente tanto tempo a cercare parole sul dizionario che mi è impossibile apprezzarne le qualità :asd:

    Vuoi avete esperienze con la letteratura in altre lingue? Avete delle preferenze?
     
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    Non ne avevamo parlato in privato di qualcosa del genere?
    Ricordo che io sostenevo che l'inglese fosse una lingua, per via dei tempo verbali, troppo precisa.
    Mentre adoravo l'italiano (e il francese) per via dell'imperfetto, che non può essere reso in inglese. Non nella sua essenza. Perché l'imperfetto è un tempo fantastico. Ci parla di un'azione che non si sa quando è iniziata e non si conosce quando è finita, e che implica al tempo stesso che questa azione si può ripete all'infinito. L'imperfetto è un tempo ambiguo, che rende la narrazione onirica.
    Tu ricordo che sostenevi qualcosa di diverso (perdonami se non ricordo perfettamente, ma non voglio metterti in bocca parole non tue).

    Per quanto riguarda leggere in lingua originale, io penso che per poterlo fare si deve avere non solo una conoscenza della lingua originale molto profonda, ma anche una conoscenza della cultura di quel paese.
    Sono d'accordo che un testo tradotto è spesso un altro testo. Milan Kundera ne' I testamenti traditi, affronta il discorso in maniera migliore di come potrei fare io.
    Ma senza conoscere lingua e cultura della nazione, leggere in lingua originale a mio avviso è senza senso. Sì, si capisce il senso, ma non se ne apprezza la qualità linguistica, gli echi intertestuali e altre cose.
    Perciò sorrido sempre quando sento dire: "leggo solo in lingua originale". Specie se poi non sanno manco capire la differenza tra una prosa scritta bene o male nella lingua del proprio paese.
     
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  3. ennedineve
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    Ho un vago ricordo di aver affrontato questa conversazione con te, ma non ricordo cosa abbiamo detto :P
    Sui tempi verbali non saprei. In inglese sono effettivamente piuttosto complessi, però esiste una forma più o meno equivalente all'imperfetto che è il past continuous (per esempio: I was having dinner when the phone rang).
    Però concordo sul fatto che a leggere in lingua originale senza realmente coglierne le sfumature può essere molto peggio che leggere una traduzione (intendo una fatta bene, dove il traduttore/traduttrice si è accollato l'onere di rendere al meglio le caratteristiche del testo). Penso ad esempio a Esercizi di Stile, e alla meravigliosa "traduzione" di Umberto Eco.
    Un'altra cosa che secondo me influenza l'esperienza di lettura in una traduzione è la vicinanza tra le lingue. Trovo ad esempio che traducendo dallo spagnolo/portoghese all'italiano (e viceversa) si possa rendere lo stile originale quasi perfettamente, mentre ciò non succede passando tra lingue molto diverse tra loro come possono essere l'inglese e il tedesco.

    Io sto tentando di leggere il più possibile la letteratura inglese in lingua originale, ma devo dire che finora ci sono stati pochi scrittori/scrittrici il cui stile di scrittura mi abbia conquistato. Jeffrey Eugenides è uno dei pochi che davvero mi piace, e adoro tantissimo lo stile di Donna Haraway, per quanto non sia esattamente narrativa. Ultimamente ho comprato un po' di classici (James Joyce, John Stuart Mill, ecc), e vorrei vedere come mi trovo.
     
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  4. Helder
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    Io leggo solo in lingua originale.
    Lol, no.

    Leggo in lingua, se inglese (anche perché è l'unica lingua di cui conosco bene cultura originale, modi di dire, e possibilità linguistiche). Forse c'entrano anche i gusti, come lingua non la trovo molto limitata, ma perché si adatta bene ai romanzi che prediligo: è perfetta ad esempio per uno scrittore come Elmore Leonard, il cui punto di forza sono i dialoghi; oppure per tutto il filone cyberpunk, che in italiano suona sempre un po' forzato. Non parliamo poi dei libri "umoristici" (non so, Wodehouse o Pratchett), che tradotti perdono circa metà del proprio umorismo.
    Comunque trovo che le traduzioni, quando fatte male, riescano di fatto ad ammazzare un autore.
     
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  5. Bubi ™
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    CITAZIONE (ennedineve @ 27/7/2015, 16:20) 
    Vuoi avete esperienze con la letteratura in altre lingue? Avete delle preferenze?

    Leggo tutto quel posso in inglese, è più musicale e godibile.
    Non faccio molto caso allo stile del lessico, quanto alla fluidità della narrazione.

    Riguardo le traduzioni in italiano, dipende dai casi, ma molte volte fanno degli adattamenti che meriterebbero l'esilio in Corea del Nord al traduttore.


    L'italiano lo apprezzo molto come lingua eh, però faccio molta difficoltà a leggere autori contemporanei italiani, che trovo o troppo pesanti o troppo limitati.
    A parte qualche classico che riesco a recuperare qui e là e che trovo sempre molto affascinanti, un vero tesoro della nostra cultura.
     
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  6. Mefy
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    CITAZIONE (sigfried @ 27/7/2015, 17:52) 
    Per quanto riguarda leggere in lingua originale, io penso che per poterlo fare si deve avere non solo una conoscenza della lingua originale molto profonda, ma anche una conoscenza della cultura di quel paese.

    Leggere in lingua è anche un modo per conoscere la cultura di quel paese...

    Di mio tendo a leggere in italiano, mi è capitato (per scuola) di leggere in inglese e in francese e (per erasmus) in spagnolo.
    Ultimamente sto leggendo in inglese perchè qui i libri li trovo o in inglese o in olandese <.<'
    Quando leggo non in italiano ho il problema che, soprattutto all'inizio, magari fatico ad approciare il libro, restando distaccata dal testo, quando mi prende, però, al contrario faccio fatica a distinguere la lingua (nel senso che apprezzo quello che leggo senza far troppo caso al linguaggio)(lo stile lo apprezzo solo quando mi fa particolarmente schifo o quando mi piace particolarmente).
    Ciò che mi uccide, linguisticamente, sono gli stacchi. Per dire "Quer pasticciaccio brutto di via merulana" l'ho odiato perchè passa dall'italiano al dialetto e viceversa senza mai sceglierne una (è un po' come se, vedendo un film, si dovesse mettere a fuoco ogni pochi secondi di film).


    Più in generale le lingue (e le loro grammatiche etc.) le apprezzo maggiormente quando provo a tradurre qualcosa da una lingua all'altra. Lì ho il problema delle sfumature, quindi o traduco alla bene e meglio oppure mi incarto in digressioni lunghissime sulla sfumatura di significato che percepisco io.
    [Poi vabbè, ci sono cose che sono esprimibili in una lingua ma non in un'altra, che è una cosa che mi ha sempre affascinato, ma questo è un altro discorso. u.u]
     
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  7. ennedineve
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    CITAZIONE (Helder @ 27/7/2015, 18:36)
    Forse c'entrano anche i gusti, come lingua non la trovo molto limitata, ma perché si adatta bene ai romanzi che prediligo: è perfetta ad esempio per uno scrittore come Elmore Leonard, il cui punto di forza sono i dialoghi; oppure per tutto il filone cyberpunk, che in italiano suona sempre un po' forzato. Non parliamo poi dei libri "umoristici" (non so, Wodehouse o Pratchett), che tradotti perdono circa metà del proprio umorismo.

    Vero, ci sono dei generi per cui l'inglese si presta meglio di altre lingue. Io avevo fatto l'esempio della letteratura accademica, ma sicuramente anche i filoni fantasy, cyberpunk, fantascientifici risultano meglio in inglese, e credo sia per il fatto che è una lingua molto facile al neologismo.

    CITAZIONE (Mefy @ 27/7/2015, 19:13) 
    Ciò che mi uccide, linguisticamente, sono gli stacchi. Per dire "Quer pasticciaccio brutto di via merulana" l'ho odiato perchè passa dall'italiano al dialetto e viceversa senza mai sceglierne una (è un po' come se, vedendo un film, si dovesse mettere a fuoco ogni pochi secondi di film).

    Hai mai letto "Il partigiano Johnny" di Fenoglio? Passa costantemente dall'italiano all'inglese, senza soluzione di continuità. All'inizio è davvero destabilizzante, ma poi dopo un po' diventa parte della lettura, e soprattutto ci sono alcune descrizioni che in effetti in italiano non sarebbero risultate altrettanto calzanti. A me il libro è piaciuto molto, però concordo, è una cosa che può infastidire.

    CITAZIONE (Mefy @ 27/7/2015, 19:13) 
    [Poi vabbè, ci sono cose che sono esprimibili in una lingua ma non in un'altra, che è una cosa che mi ha sempre affascinato, ma questo è un altro discorso. u.u]

    È una cosa che adoro anche io. E che però è anche frustrante, perché ci sono un sacco di occasioni in cui devi tuo malgrado parafrasare perché quello che nella tua testa è perfetto in una lingua, per le persone che hai davanti è incomprensibile.
     
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  8. Knaves1
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    CITAZIONE (ennedineve @ 27/7/2015, 19:33) 
    Vero, ci sono dei generi per cui l'inglese si presta meglio di altre lingue. Io avevo fatto l'esempio della letteratura accademica, ma sicuramente anche i filoni fantasy, cyberpunk, fantascientifici risultano meglio in inglese, e credo sia per il fatto che è una lingua molto facile al neologismo.

    Lo è più del francese, ma meno dell'italiano. Se intendiamo il neologismo come una costruzione che congloba vocaboli già esistenti. In termini di neologismo puro (produttività linguistica, di nuovi vocaboli totalmente arbitrari) lo è per questioni culturali, non tecniche.

    Ovviamente leggere in lingua è sempre meglio. Le stesse auto-traduzioni sono nuove scritture, figuriamoci le traduzioni. Una delle lingue occidentali che soffre di più la traduzione è il francese. Per via della sintassi. Ma anche tutte le altre... Per le lingue dell'Est è pure peggio.
     
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  9. Initzu Bastard
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    CITAZIONE (ennedineve @ 27/7/2015, 19:33)
    Hai mai letto "Il partigiano Johnny" di Fenoglio? Passa costantemente dall'italiano all'inglese, senza soluzione di continuità. All'inizio è davvero destabilizzante, ma poi dopo un po' diventa parte della lettura, e soprattutto ci sono alcune descrizioni che in effetti in italiano non sarebbero risultate altrettanto calzanti. A me il libro è piaciuto molto, però concordo, è una cosa che può infastidire.

    Il partigiano Johnny è stato pubblicato postumo e non finito. Tra l'altro esistono diverse stesure e quindi non si sa bene come alla fine l'autore l'avrebbe "montato".
    Fenoglio nelle sue prime stesure scriveva come gli veniva, ovvero in italiano con brandelli di frase in inglese sparsi qua e là. Nel corso dell'opera naturalmente avrebbe tradotto e modificato le parti in inglese. Non c'è riuscito, ma il risultato finale anche se un po' artificiale per il montaggio delle stesure da parte di terzi è comunque interessante per l'idea di work in progress che emana.


    Per quanto mi riguarda non leggo libri in lingua originale, a meno che non siano italiani, ovviamente. Anche perché poi mi verrebbe da leggere oltre che in inglese anche in russo, giapponese, spagnolo, tedesco, francese, portoghese ecc...
    E sinceramente ho sempre odiato studiare una lingua diversa dall'italiano.
    C'è da dire che però le traduzioni un po' mi puzzano: tra le varie edizioni disponibili non so quale sia la migliore, quale mi piacerà di più ecc...quindi il problema è sempre azzeccare la miglior traduzione possibile al primo colpo, perché da lì in avanti quel determinato libro per me sarà quello, con quelle parole. E quando penserò a quel determinato libro penserò proprio a quell'incipit, mi ricorderò proprio quella citazione, quell'edizione, quel font, quella copertina, quel profumo eccetera...

    Se poi esistono traduzioni fatte coi piedi posso ben immaginarlo, come sicuramente esistono traduzioni fatte benissimo. Quindi mi son sempre chiesto: come si fa a dire che un autore in lingua straniera scrive bene o male, se lo si legge tradotto? Le traduzioni sono praticamente riscritture dei testi, quindi se un libro è veramente scritto bene è grazie al traduttore.
    Per esempio Moby Dick tradotto da Cesare Pavese. Mi piace un sacco come è scritto, ma non so quanto sia merito di Melville e quanto di Pavese.
     
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    C'è una curiosità sulle traduzioni che vorrei dire ora, prima che me ne scordo.

    Monti ha tradotto l'Iliade senza conoscere il Greco (anche Foscolo lo prendeva in giro). Ma la sua versione è bellissima, seppur ad orecchio contemporaneo un po' datata. Esiste una versione più moderna e tradotta letteralmente, ma è una cacata illeggibile. E per rendere illeggibile l'Iliade, la miglior opera mai scritta insieme all'Odissea, ce ne vuole.

    Questo per dire che per tradurre non basta essere un buon conoscitore della lingua e della cultura, ma devi essere uno scrittore se traduci un romanzo, un poeta (come lo era Monti) per tradurre Il Poeta.

    @Mefy, sono assolutamente d'accordo che per conoscere la cultura di un altro paese devi passare anche attraverso la lettura dei suoi romanzi in lingua originale. Io contestavo chi dice "io leggo solo in originale", come fosse di per sé una qualità. Perché non lo è.
    Poi va da sé che un romanzo tradotto è quasi sempre un'altra opera. Che al massimo si può giudicare la trama e non lo stile, che appartiene al traduttore.
    Ne' I testamenti traditi, che ho citato prima, Kundera fa l'esempio di un brano di K. (Kafka, non il nostro XD) di America, mi pare. Dove nell'originale c'era una lunga frase senza punti e con pochissime virgole, che descriveva una scena erotica e il cui unico verbo per descrivere l'atto era il verbo essere, "essere in lei". Nelle traduzioni, e Kundera ne snocciola diverse succedutesi nel corso del tempo, non solo la frase aveva una punteggiatura molto diversa, ma anche il verbo essere era sostituito da altri verbi più, a detta dei traduttori, esemplificativi, come penetrare.
    Questo tradiva lo spirito dell'autore, che laddove c'era una bellissima metafora quasi religiosa dell'atto sessuale, e il cui respiro era continuo vista l'assenza di punteggiatura, ci si trovava di fronte a un testo con il singhiozzo e con verbi banali, da adolescenti.

    @enne, siamo due smemorati XD
     
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  11. Knaves1
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    CITAZIONE (Initzu Bastard @ 28/7/2015, 10:44) 
    Il partigiano Johnny è stato pubblicato postumo e non finito. Tra l'altro esistono diverse stesure e quindi non si sa bene come alla fine l'autore l'avrebbe "montato".
    Fenoglio nelle sue prime stesure scriveva come gli veniva, ovvero in italiano con brandelli di frase in inglese sparsi qua e là. Nel corso dell'opera naturalmente avrebbe tradotto e modificato le parti in inglese. Non c'è riuscito, ma il risultato finale anche se un po' artificiale per il montaggio delle stesure da parte di terzi è comunque interessante per l'idea di work in progress che emana.

    Verissimo. Però su di lui, in tal senso, ha lavorato Maria Corti. Probabilmente la migliore. Ovviamente è come dici. Non sarà mai la stessa cosa.
    E per lo stile, Fenoglio è un grande, non c'entra niente ma volevo dirlo.
     
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  12. Initzu Bastard
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    davvero Monti non conosceva il greco? Ricordo che in prima media dovetti studiare una parte del suo proemio dell'Iliade a memoria. Non ci capivo un cacchio, ma suonava bene e tra l'altro lo ricordo tutt'ora :D

    Il problema della traduzione però ha l'apice nei testi sacri. Per esempio ci sono traduttori della Bibbia che affermano che in realtà nelle versioni più antiche conosciute non si parla di un Dio unico e immortale, ma di più Dei e per giunta mortali. Ora, io non conosco l'aramaico e vattelapesca, ma di sicuro se alcuni testi sono considerati ufficiali (chi s'è preso la briga di stabilirlo poi non lo so, ma soprattutto con che criterio..) e altri no, qualche dubbio sulla validità di ciò che noi consideriamo La Sacra Bibbia mi viene.

    CITAZIONE (Knaves1 @ 28/7/2015, 12:40)
    Verissimo. Però su di lui, in tal senso, ha lavorato Maria Corti. Probabilmente la migliore. Ovviamente è come dici. Non sarà mai la stessa cosa.
    E per lo stile, Fenoglio è un grande, non c'entra niente ma volevo dirlo.

    Anche io sono un suo grande fan. Il fatto che parli dei miei luoghi e dei miei nonni non c'entra nulla :rolleyes:
     
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  13. Helder
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    Beh, la bibbia è un insieme di scritti prodotto da autori disparati, a volte in contrasto tra di loro.
    Se credi che sia la parola di Dio lo fai per fede, quindi non dovresti avere bisogno di conferme (almeno, questa è la mia opinione da "esterno").
     
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    Sì, Monti non conosceva il Greco, e come ho detto, a dirlo fu Ugolo Fosco (come lo chiamò un amico mio all'interrogazione).

    Qui il suo celebre epigramma:

    CITAZIONE
    Questi è Vincenzo Monti cavaliero,
    gran traduttor dei traduttor d’Omero.

    Sulla questione Bibbia mi permetto di dire che è tutto un altro discorso, che con la Fede e Dio non c'entra nulla.
    Quella che conosciamo adesso è il prodotto di un lavoro di editing che ha visto innumerevoli editor metterci le mani. Non è solo un testo sacro, ma è stata al tempo stesso un codice legislativo e profilassi medica che per ovvie ragioni è stata aggiornata nel tempo.
    Parentesi polemica: ogni tanto leggo interpretazioni della Bibbia e giudizi sul suo contenuto basati su un'esegesi letterale che neanche 3000 anni fa usavano. Oltre che scorretto e filologicamente inconsistente è completamente stupido. C'è chi ci mangia, e chi da idiota abbocca. Mi riferisco ai libri di Odifreddi e Dawkins e i vari scientisti.
     
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  15. ennedineve
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    CITAZIONE (Initzu Bastard @ 28/7/2015, 13:13) 
    Il problema della traduzione però ha l'apice nei testi sacri. Per esempio ci sono traduttori della Bibbia che affermano che in realtà nelle versioni più antiche conosciute non si parla di un Dio unico e immortale, ma di più Dei e per giunta mortali. Ora, io non conosco l'aramaico e vattelapesca, ma di sicuro se alcuni testi sono considerati ufficiali (chi s'è preso la briga di stabilirlo poi non lo so, ma soprattutto con che criterio..) e altri no, qualche dubbio sulla validità di ciò che noi consideriamo La Sacra Bibbia mi viene.

    Basti pensare alla famosa frase "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri in paradiso", dove il termine tradotto con "cammello" in realtà indicava una grossa fune da ormeggio. Il che, in effetti, rende la frase molto più sensata, dal momento che non si capisce perché mai un cammello dovrebbe provare a passare per la cruna di un ago.
     
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