Recensione romanzo fantasy

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    Forse chi legge scrittori pessimi come Terry Pratchett e Piers Anthony, o mediocri come Licia Troisi e altri che neanche conosco, e persino chi legge ottimi scrittori come Tolkien (seppur personalmente Il signore degli anelli annoia da morire, ma ne apprezzo le qualità letterarie) e Ende (che ammiro), non solo sarà incredulo per via della scelta del romanzo di cui parlerò, e dall’autore, ma probabilmente si sentirà preso in giro.

    Fatta questa premessa, che è un avviso a non farvi perdere tempo qualora leggeste i primi tre scrittori (?) sopra citati, passiamo alla sorpresa:

    L’asino d’oro. Di Apuleio.

    Apuleio è uno scrittore africano del II secolo D. C. Esperto di magie e filosofia, in pieno spirito del suo tempo, in cerca del misticismo per trovare il senso della vita, aderì al medioplatonismo con derive nell’orfismo e nel pitagorismo e negli immancabili misteri eleusini.

    La sua opera principale è L’asino d’oro, conosciuto anche come Le metamorfosi.

    La trama è semplice, sebbene l’intreccio sia complesso e con il primo caso di metanarrazione postmoderna della storia delle letteratura.

    Il giovane Lucio, omonimo dell’autore, ragazzo di buona famiglia in cerca di emozioni e di avventura, spinto dalla curiosità, parte per la Tessaglia, terra magica per antonomasia, e giunge a Ipata, il capoluogo. E subito le cose gli sembrano strane: in tutto ciò che vede, alberi, fonti, uccelli, gli pare di scorgere la figura umana. Ospitato dal vecchio usuraio Milone, conosce la giovane e bella servetta Fotite (con una T), e lui in barba alla grammatica, ci va a letto. E come tutte le donne soddisfatte dal rapporto sessuale, Fotide diventa ciarliera e svela a Lucio che la moglie di Milone, Panfile, è una strega. Li vediamo quindi spiare Panfile che dopo essersi spalmata addosso un unguento strano, si trasforma in gufo e vola via dalla finestra. Lucio è incantato e smanioso, e chiede a Fotide di rubare il vasetto, per poter mutare forma anch’egli. Fotide obbedisce, però sbaglia vasetto e Lucio si trasforma in un asino dalla coscienza umana e scoppia a piangere. Ma non doveva aver paura, lo rincuora Fotide, ora lo avrebbe messo nella stalla, e l’indomani gli sarebbe bastato mangiare un petalo di rosa per tornare normale: come faceva la sua padrona. Nelle storie si sa, nulla va come deve andare. E quella stessa sera una banda di briganti decide di rubare il tesoro di Milone, e poiché la roba è tanta ed è pesante, chi usano per trasportarla? Il povero Lucio, ovviamente.

    Questa è la scintilla che fa esplodere una vertigine di peripezie tra mazzate da parte dei briganti e tentativi di evasione falliti in compagnia di una fanciulla bellissima rapita anch’ella dai briganti a scopo di riscatto e che durante la fuga pure lei prende a mazzate il povero Lucio; l’essere venduto a loschi tizi che si spacciavano per sacerdoti della Dea Siria e che lo prendono a mazzate; finire nelle mani di un mugnaio che lo prende a mazzate; lavorare per un ortolano che lo prende a mazzate; accompagnare un soldato che lo prende, indovinate un po’, a mazzate; mangiare focacce e dolci di due pasticceri che lo prendono sì a mazzate, ma lo addestrano e lo rivendono ad un circo; e altre mazzate e altre disavventure tra i vizi umani raccontati con un linguaggio moderno e sperimentale che vi lascerà a tratti attoniti e confusi e con quell’ironia intelligente che sa accostare senza volgarità gratuite il sacro e il profano, in un viaggio pervaso da un misticismo antico e un simbolismo magico che ci appare alieno e affascinante, fino alla conclusione.

    Ci sono due episodi su cui vorrei porre l’attenzione: uno goliardico, e l’altro serio.

    Il primo: durante la sua permanenza del circo, una nobildonna romana si invaghisce di Lucio/asino e lo vuole nel suo letto. E mentre lei lo bacia con baci che, e qui cito, non somigliavano affatto a quelli che in genere le puttane danno ai loro clienti nei bordelli, bensì erano dei veri e propri baci d’amor, Lucio si chiede se la nobildonna: tam vastum genitale suspicere? E per sapere se prorsus totum recepit, dovete leggervelo.

    Il secondo: mentre era tenuto prigioniero dai banditi, una serva vecchia e brutta e gobba e bitorzoluta, per consolare la fanciulla rapita, le racconta la favola di Amore e Psiche. La favola meriterebbe un intero topic a parte, per quanto è bella e per le valenze psicologiche. Qui mi limito a spiegare perché è il primo esempio di metanarrazione. Infatti il tema della favola, basata sull’archetipo della fanciulla innamorata, che vede Psiche perdere per colpa della curiosità il suo amore e per ritrovarlo deve superare prove quasi impossibili venendo salvata solo alla fine dall’aiuto del Dio Amore, è in sintesi lo stesso tema della cornice, ovvero della storia di Lucio, che per colpa della curiosità, paga un prezzo altissimo e si trova a dover superare delle prove improbe finché la Dea Iside lo salva e lui le si consacra.
    La presenza della favola, serve dunque a dare al romanzo una profondità diversa dal semplice intrattenimento, e divertimento, dove divertimento verrebbe inteso nell’accezione latina del termine de-vertere, cioè, de-viare, di-stogliere con il sotteso “dalla vita reale”, senza pensare a nulla; al contrario, il riproporsi della tematica come in un’eco di specchi, rende la storia di Lucio un percorso iniziatico e non solo un’avventura, e il divertimento è inteso in maniera più moderna, quasi sinonimo di imparare.
    La chiave di lettura delle due storie è quindi univoca e al tempo stessa doppia. Univoca perché in entrambe le storie si condanna l’eccessiva curiosità, mettendo in guardia dai pericoli; doppia perché se Lucio trova la salvezza nell’adorazione di una Dea votata alla magia, Psiche è salvata da un Dio votato all’amore.
     
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  2. paul & jacob
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    CITAZIONE (sigfried @ 10/4/2015, 20:01) 
    Forse chi legge scrittori pessimi come Terry Pratchett

    LOL

    MasterOfTheWind87

    CITAZIONE
    Fatta questa premessa, che è un avviso a non farvi perdere tempo qualora leggeste i primi tre scrittori (?) sopra citati, passiamo alla sorpresa

    io ho letto anche Moccia! Come farò ora a capire Apuleio?! AARRRGH!!

    Hai ragione perderei solo tempo a leggere la tua recensione, ti ringrazio per l'avvertimento. Sicuramente la mia mente, oramai troppo perversa dal fantasy moderno, non potrebbe mai apprezzare la tua opera. Però mi congratulo per il tuo impegno. :)

    Edited by paul & jacob - 10/4/2015, 20:50
     
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    Credo sia molto più facile capire Apuleio che Moccia, a dire il vero.

    Quindi ho fatto bene ad avvisarvi, no?

    Che poi alla fine ogni post è un invito alla discussione, e se qualcuno si è sentito offeso perché ho definito pessimi scrittori quelli citati, e avesse validi argomenti per confutare il mio giudizio e smentirmi, non solo fareste un favore a chi legge, che avrebbe un'opinione diversa dalla mia, ma io stesso, qualora le motivazioni portate avessero un valore oggettivo e non si basassero sul mero gusto, sarei prontissimo a cambiare parere.
     
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  4. MasterOfTheWind87
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    CITAZIONE (sigfried @ 11/4/2015, 00:39) 
    Credo sia molto più facile capire Apuleio che Moccia, a dire il vero.

    Quindi ho fatto bene ad avvisarvi, no?

    Che poi alla fine ogni post è un invito alla discussione, e se qualcuno si è sentito offeso perché ho definito pessimi scrittori quelli citati, e avesse validi argomenti per confutare il mio giudizio e smentirmi, non solo fareste un favore a chi legge, che avrebbe un'opinione diversa dalla mia, ma io stesso, qualora le motivazioni portate avessero un valore oggettivo e non si basassero sul mero gusto, sarei prontissimo a cambiare parere.

    Ahi ahi ahi...
    C'è una bella fallacia logica.
    Quali prove TU puoi portare a sostegno oggettivo della tua affermazione, che non siano soggettive, ma oggettive?
    Non scadiamo nel solito errore complottista del "posso dire quel che mi pare senza uno straccio di prova, tanto sono gli altri a doversi sobbarcare la confutazione della mia affermazione e a portare prove che tanto ignorerò dall'alto della mia laurea presso la Internet Academy".
    TU affermi una cosa, TU devi fornire dati oggettivi e verificabili.
    Tutto il resto è aria fritta.
     
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    Ma non c'era un altro commento?

    Comunque la premessa era chiaramente una captatio malevolentiae. Mica volevo davvero che non leggeste. E visto che l'opera di Apuleio è completamente divergente nella forma e nei contentuni con gli altri altri autori, ammetto che c'era un filino di pregiudizio, e ho arrogantemente pensato che chi ama gli scrittori da me bistrattati non avrebbe amato l'autore latino. Le mie intenzioni però, erano scherzose e al limite provocatorie, non offensive.

    Sul discorso "oggettivo" la narrativa e la letteratura è sì suscettibile al gusto personale, ma al pari della musica, della pittura, e di qualunque altra arte, ci sono delle regole, dei canoni a cui un'opera viene paragonata per quantificarne il valore.
    Chi fissa i canoni?
    La somma di tutte le opere precedenti, e il continuo evolversi dell'arte in questione.
    Chi fissa le regole?
    La somma di tutti gli scrittori.
    Adesso non voglio scrivere un trattato di estetica. Estetica che come sappiamo cambia da autore ad autore. Basti pensare al minimalismo di Carver contro la prolissità di David Foster Wallace. L'asciutezza di Hemingway contro il barocco di Baricco (l'allitterazione è voluta). O alle altre infinte possibilità dello stile.
    Ma al di là del propria voce, ogni autore scrive con delle regole precise, che conferiscono il valore all'opera. L'abuso di metafore, o l'uso di metafore banali e non innovative, l'aggettivazione che non qualifica, una scrittura troppo povera e ripetitiva, o anche una scrittura troppo aulica che serve per coprire la pochezza dei fatti, personaggi stereotipati e senza personalità, descrizioni infinte che annoiano e non fanno "vedere" niente o che al limite uccidono la fantasia del lettore, una trama già sentita, l'uso di topoi, i trucchetti retorici in genere, frasi pompose che se ci pensi non dicono nulla, le frasi fatte, e tanta altra roba, ecco, questi sono i parametri oggettivi per giudicare un'opera letteraria.
    Ora però non ho nessuna voglia di analizzare opere che non mi piacciono e che trovo scritte male, con tutti i difetti elencati sopra. Preferisco parlare delle cose che mi piacciono, e perché mi piacciono.
    Se si pensa che abbia preso un abbaglio, invece di attaccare me, basta prendere un brano degli autori vilipesi e mostrarne le qualità della scrittura. Se ci sono, e assicuro di essere abbastanza obbiettivo dal riconoscere, riconsidero il mio giudizio senza problemi.

    Tutto qua.
     
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  6. Helder
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    Mai letto nulla di Anthony o della Troisi, perché così a pelle dubito che possano piacermi.
    Sono però curioso di sapere cosa hai letto di Pratchett, tanto da definirlo "pessimo".
    Perché analizzando le sue opere, i difetti oggettivi che elenchi non li trovo:
    L'abuso di metafore, o l'uso di metafore banali e non innovative, andrà a gusto personale, o forse non sono un lettore scafato come te, ma non ho mai notato troppe metafore; e di sicuro non c'era mancanza di innovazione, avendo creato un mondo a parte e usando parzialmente il linguaggio di quel mondo, la banalità mi sembra esclusa;
    l'aggettivazione che non qualifica, passo, mai notata;
    una scrittura troppo povera e ripetitiva, direi proprio di no, ma ritorniamo al binomio gusto/esperienza;
    una scrittura troppo aulica che serve per coprire la pochezza dei fatti, questa mi sento di escluderla in modo oggettivo;
    personaggi stereotipati e senza personalità, proprio no, di solito Pratchett si diverte a rovesciare gli stereotipi, o al massimo a decostruirli e ricostruirli (prendiamo lo stereotipo dell'eroe senza macchia, Carrot, o del barbaro, Cohen, che viene proposto "a fine carriera");
    descrizioni infinte che annoiano e non fanno "vedere" niente o che al limite uccidono la fantasia del lettore, no, non ho mai trovato troppe descrizioni;
    una trama già sentita, potrebbe darsi che appaia così, ma di solito la trama già sentita viene smontata e ricostruita (oppure omaggiata) in modo ironico;
    l'uso di topoi, anche qua, credo che tutti i topoi che ho trovato fossero delle letture ironiche;
    i trucchetti retorici in genere, passo (non credo di essere abbastanza bravo da individuarli);
    frasi pompose che se ci pensi non dicono nulla, passo;
    frasi fatte, sì, di solito però sono frasi fatte inventate che vengono usate dai personaggi, un po' come inside joke e un po' come caratterizzazione.
    Ammetto però che nelle prime opere molti dei temi erano appena abbozzati e si sono sviluppati in seguito, così come lo stile di scrittura ancora un po' indeciso. Però mi sembra che molti di questi difetti siano più riscontrabili in un Tolkien che in un Pratchett.
    A parte ciò, chiaramente entra in gioco il gusto personale, e lì non si può dire nulla. A me è sempre venuto da accostarlo ad un Douglas Adams in chiave fantasy invece che sci-fi, come modo di porsi, solo che Adams ci ha lasciati troppo presto (e troppo "in malo modo") per farci vedere un pieno sviluppo della sua poetica, mentre Pratchett ha avuto più tempo per svilupparla.
     
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    Dall'incipit del primo post credevo -e speravo- si trattasse de La Bibbia di AA.VV.
     
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    CITAZIONE (Hartia. @ 11/4/2015, 14:10) 
    Dall'incipit del primo post credevo -e speravo- si trattasse de La Bibbia di AA.VV.

    ahahahhahaha
    Purtroppo ci ho provato mille volte a leggerla ma non ci riesco. Proprio mi viene l'orticaria, sarà per la consistenza della carta, o per altre ragioni misconosciute, ma la Bibbia non l'ho mai letta, e purtroppo per educazione non parlo mai di cose che non conosco. (Anche se in realtà ho letto l'Apocalisse, ed è bella).


    Preciso che quelli che ho chiamato parametri oggettivi non erano riferiti ad un autore specifico, che sia Pratchett o altri, ma era un discorso generale che coinvolge anche autori considerati “intoccabili” o “intellettuali”.

    Se un autore riunisse in una sola opera tutti quei difetti, ci troveremmo davanti ad una teratologia narrativa al cui pensiero rabbrividisco.
    Visto che parli di Pratchett e mi chiedi che libro ho letto, la risposta è non lo ricordavo. Ero in treno, anni fa, e un amico che ne straparlava bene lo aveva con sé, lui si addormentò e io lessi una cinquantina di pagine di cui ricordo solo il fastidio e una tartaruga. Sono andato su wikipedia per vedere se riuscivo a ricordare il titolo e poi su wikiquote. E penso sia Il colore della magia. A meno che un altro romanzo di Pratchett inizi con una tartaruga.

    In ogni caso, qualora fosse questo il romanzo, rileggendo l’incipit provo ad analizzarlo solo per chiarire la mia visione e dare motivazione tecnica al mio giudizio.

    CITAZIONE
    In un remoto scenario multidimensionale, in un piano astrale mai destinato a volare, le volute di foschia stellare ondeggiano e si dividono...
    Guarda...
    Viene A'Tuin la Grande Tartaruga, nuotando lenta nel golfo interstellare, le membra poderose ricoperte d'idrogeno ghiacciato, l'enorme carapace antico bucherellato da crateri di meteore. Con occhi grandi come il mare, incrostati dai reumi e dalla polvere di asteroidi, fissa la Destinazione.
    Nel suo cervello più grande di una città, con lentezza geologica, pensa soltanto al Peso.
    Naturalmente la maggior parte del peso è sostenuta da Berilia, Tubul, Gran'T'Phon e Jerakeen, i quattro giganteschi elefanti sulle cui larghe spalle color delle stelle riposa il disco del Mondo, inghirlandato alla sua circonferenza dalla lunga cascata e sormontato dalla volta celeste del Cielo.

    Che cosa abbiamo di sbagliato qui? Leggo che il romanzo è dell’83, quando ancora l’oriente e il suo fascino non era inflazionato come adesso, e riproporre il mito della grande tartaruga sugli elefanti in chiave fantasy era un trucchetto che poteva funzionare e sembrare originale, peccato che lo stesso trucchetto lo aveva usato Stephen King in IT. (o IT era dell’85? Va beh, uno dei due ha copiato o si tratta di poligenesi letteraria, anzi, poliplagenesi mitologica).

    Ma passiamo all’aspetto tecnico della scrittura. Il tono è colloquiale, diretto, al cinema si direbbe che rompe la quarta parete e parla direttamente al pubblico. Fa parte dello stile, non apprezzo, ma nulla da ridire. La prima frase però non significa assolutamente nulla. È un effetto speciale fine a sé stesso, un trucco, e i trucchi sono sbagliati, sempre. Che poi uno possa esserne attratto, non è un problema, io stesso certe volte sono addirittura sedotto da alcuni trucchi degli autori. Ma restano trucchi, e i trucchi sono sbagliati. Sempre. Dopo la prima frase, abbiamo la descrizione della tartaruga. Piena di metafore banali. Grande come il mare. Più grande come città. Insomma, è il temino di un bambino della terza elementare. Inoltre la descrizione – e tutte le descrizioni sono noiose, anche quelle di Proust – è concepita in maniera sbagliata. Non si dice che una cosa è grande, ma lo si fa capire. Per esempio, per dire che ha degli occhi immensi, io, e la buttò qui a braccio, avrei scritto, “nei suoi occhi erano riflesse centinaia di galassie”. Non mi piace neanche questa frase, era solo per spiegare il mio concetto. Le descrizioni, così come le emozioni, devono essere indirette, devono arrivare attraverso il movimento. E poi dai, le maiuscole non si possono vedere. Se la parola è giusta e l’autore la mette al punto giusto, non ha nessun bisogno di segnalare al lettore che lì c’è un messaggio.

    Detto ciò, di Pratchett ho letto meno di un romanzo, e magari se leggessi altri cambierei opinione. Probabilmente non lo farò, leggere Pratchett dico. Quello che leggo anche su wikiquote non mi attira per niente. Però in altri romanzi magari è stato un buon autore, solo che non lo scoprirò mai.

    Chiudo con la questione gusto. Vorrei chiarirlo perché mi sembra una cosa essenziale. Ho sempre diviso i romanzi in due: belli e buoni. Bello è un romanzo che ti diverte, buono che oltre a divertirti ti lascia qualcosa (a livello emotivo, di crescita personale, di idee). Un romanzo bello può essere scritto anche male. Un romanzo buono può essere scritto anche bene e non piacere. Potrei fare mille esempi. Proust e Joyce sono grandi scrittori che sapevano scrivere e ne apprezzo ogni riga, ma li leggerei solo in caso di stitichezza. Hoffmann scriveva male, con frasi fatte e ripetendo periodi pari pari, eppure lo adoro da morire. Per cui chi legge Pratchett non ha il mio biasimo né nulla di simile né lo considero un pessimo lettore, e se si diverte buon per lui. Non mi sognerei mai di sconsigliargli la lettura di Pratchett o di qualunque autore si ami.

    Ps. Ma quindi sei tu che hai scritto la pagina di wikipedia dove paragoni Pratchett ad Douglas Adams? Paragone che, per quel che mi sembra, non sussiste. E Adams lo adoro.
     
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  9. Helder
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    Ah, ok, parte del problema (sì, so che non è un problema ma non mi viene una definizione migliore) è che l'hai letto in italiano. La prima frase era una battuta, in originale. Niente di eccezionale, ma in italiano è proprio persa (non per colpa del traduttore, è che il gioco di parole su "plane" non si può tradurre).
    Stessa cosa gli occhi grandi come il mare, che porta alla successiva ripetizione. In origine erano "sea-sized".
    Questo comunque era uno dei suoi primi lavori, e come detto, era ancora piuttosto acerbo. Per questo consiglio a lettori "vergini" di partire da qualcos'altro.
    (Ah, It era successivo, confermo.)

    P.S. no, sono troppo pigro perfino per leggere Wikipedia, figuriamoci per scriverci qualcosa io. Il paragone mi viene naturale perché sono i primi due autori che ho incontrato che hanno un approccio così ironico a generi in precedenza considerati (da me) seri, ovvero fantascienza e fantasy.
     
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  10. Anselmo
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    Se non altro sigfried, hai imparato che devi esercitarti di più nell'adoperare la tua captatio malevolentiae. Hai si acceso una discussione, ma non sul tema della discussione stessa. L'asino d'oro è passato in secondo piano.
     
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9 replies since 10/4/2015, 19:01   181 views
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